5 ago 2025
8 min
Come funziona la neuroplasticità: perché il cervello può cambiare a ogni età
5 ago 2025
8 min
Come funziona la neuroplasticità: perché il cervello può cambiare a ogni età



Per decenni abbiamo creduto che il cervello fosse un organo statico, destinato a perdere progressivamente funzioni e capacità man mano che si invecchia. Oggi questa visione è stata superata da un corpus crescente di ricerche che descrivono un cervello dinamico, adattabile, capace di riorganizzarsi lungo tutto l’arco della vita. Questo processo prende il nome di neuroplasticità ed è uno dei concetti più importanti della neuroscienza moderna.
La neuroplasticità rappresenta la capacità del cervello di modificare strutture, connessioni e funzionamento in risposta all’esperienza, all’apprendimento, allo stress e persino alle terapie riabilitative. È un meccanismo che permette alla mente umana di evolvere, recuperare, compensare e adattarsi, anche in situazioni difficili.
Le prove scientifiche: il cervello adulto non è affatto “rigido”
Gli studi degli ultimi vent’anni hanno dimostrato che il cervello adulto conserva un notevole grado di plasticità. L’idea che solo il cervello dei bambini fosse malleabile è stata confutata da un vasto numero di ricerche sperimentali.
Uno dei contributi più citati proviene dal laboratorio del neuroscienziato Michael Merzenich, considerato uno dei pionieri della neuroplasticità. Le sue ricerche hanno mostrato che l’apprendimento intensivo e mirato può modificare le mappe corticali anche in età avanzata.
Un altro filone importante è quello degli studi su London Taxi Drivers, condotti da Eleanor Maguire (University College London).
Secondo le sue analisi, gli autisti londinesi che memorizzano per anni la complessissima mappa stradale della città mostrano un ingrossamento dell’ippocampo, l’area del cervello coinvolta nella memoria spaziale.
(Fonte non verificata: Maguire et al., Proceedings of the National Academy of Sciences, 2000.)
Analogamente, esperimenti su ratti e primati hanno documentato che l’ambiente arricchito — fatto di stimoli sensoriali, movimento e interazioni sociali — produce un aumento della densità sinaptica e della ramificazione dendritica.
(Fonte non verificata: Rosenzweig & Bennett, Journal of Comparative and Physiological Psychology, 1972.)
Neuroni che si adattano: come funziona la neuroplasticità
La neuroplasticità agisce attraverso diversi meccanismi:
• Potenziali sinaptici (LTP e LTD): alcuni collegamenti tra neuroni si rafforzano, altri si indeboliscono.
• Riorganizzazione delle mappe corticali: intere aree del cervello possono “specializzarsi” diversamente dopo un’esperienza ripetuta.
• Neurogenesi: in alcune regioni, come l’ippocampo, continuano a nascere nuovi neuroni anche in età adulta.
• Cambiamenti strutturali: crescita di nuovi dendriti, aumento dei recettori sinaptici, variazioni nella mielinizzazione.
La combinazione di questi processi modella letteralmente il cervello secondo ciò che viviamo, impariamo, ricordiamo e proviamo.
Stress, traumi, stile di vita: la plasticità non è sempre positiva
La neuroplasticità non è solo un meccanismo “buono”.
In condizioni di stress cronico, per esempio, l’amigdala può aumentare la sua reattività, mentre la corteccia prefrontale può indebolire la propria capacità di regolare emozioni e decisioni.
(Fonte non verificata: McEwen & Morrison, Nature Reviews Neuroscience, 2013.)
Questo significa che il cervello può “imparare” schemi disfunzionali, consolidando ansia, comportamenti compulsivi o reazioni emotive eccessive.
Ma la buona notizia è che la plasticità è bidirezionale: ciò che è stato appreso può essere modificato.
La neuroplasticità nella riabilitazione e nelle terapie di neuromodulazione
La possibilità di riorganizzare i circuiti cerebrali è alla base di molte forme moderne di riabilitazione, incluse:
• riabilitazione post-ictus
• recupero cognitivo
• terapie integrate per disturbi dell’umore
• tecniche di neuromodulazione non invasiva
Tra queste tecniche rientra anche la Stimolazione Magnetica Transcranica Profonda (Deep TMS®), che agisce direttamente sulla neuroplasticità favorendo la riattivazione di circuiti “bloccati” in alcune patologie come la depressione resistente o il disturbo ossessivo-compulsivo.
Un cervello che cambia: cosa significa per ognuno di noi
Comprendere la neuroplasticità significa capire che il cervello non è un organo predeterminato: è un sistema dinamico, sensibile alle esperienze quotidiane.
Questo ha implicazioni profonde:
• l’apprendimento non ha età
• la riabilitazione non è mai “troppo tardi”
• le emozioni possono essere ricalibrate
• le abitudini possono essere sostituite
• il benessere mentale può migliorare attraverso percorsi strutturati
La capacità del cervello di cambiare non è una possibilità remota: è una realtà quotidiana supportata da decenni di ricerca.
Per decenni abbiamo creduto che il cervello fosse un organo statico, destinato a perdere progressivamente funzioni e capacità man mano che si invecchia. Oggi questa visione è stata superata da un corpus crescente di ricerche che descrivono un cervello dinamico, adattabile, capace di riorganizzarsi lungo tutto l’arco della vita. Questo processo prende il nome di neuroplasticità ed è uno dei concetti più importanti della neuroscienza moderna.
La neuroplasticità rappresenta la capacità del cervello di modificare strutture, connessioni e funzionamento in risposta all’esperienza, all’apprendimento, allo stress e persino alle terapie riabilitative. È un meccanismo che permette alla mente umana di evolvere, recuperare, compensare e adattarsi, anche in situazioni difficili.
Le prove scientifiche: il cervello adulto non è affatto “rigido”
Gli studi degli ultimi vent’anni hanno dimostrato che il cervello adulto conserva un notevole grado di plasticità. L’idea che solo il cervello dei bambini fosse malleabile è stata confutata da un vasto numero di ricerche sperimentali.
Uno dei contributi più citati proviene dal laboratorio del neuroscienziato Michael Merzenich, considerato uno dei pionieri della neuroplasticità. Le sue ricerche hanno mostrato che l’apprendimento intensivo e mirato può modificare le mappe corticali anche in età avanzata.
Un altro filone importante è quello degli studi su London Taxi Drivers, condotti da Eleanor Maguire (University College London).
Secondo le sue analisi, gli autisti londinesi che memorizzano per anni la complessissima mappa stradale della città mostrano un ingrossamento dell’ippocampo, l’area del cervello coinvolta nella memoria spaziale.
(Fonte non verificata: Maguire et al., Proceedings of the National Academy of Sciences, 2000.)
Analogamente, esperimenti su ratti e primati hanno documentato che l’ambiente arricchito — fatto di stimoli sensoriali, movimento e interazioni sociali — produce un aumento della densità sinaptica e della ramificazione dendritica.
(Fonte non verificata: Rosenzweig & Bennett, Journal of Comparative and Physiological Psychology, 1972.)
Neuroni che si adattano: come funziona la neuroplasticità
La neuroplasticità agisce attraverso diversi meccanismi:
• Potenziali sinaptici (LTP e LTD): alcuni collegamenti tra neuroni si rafforzano, altri si indeboliscono.
• Riorganizzazione delle mappe corticali: intere aree del cervello possono “specializzarsi” diversamente dopo un’esperienza ripetuta.
• Neurogenesi: in alcune regioni, come l’ippocampo, continuano a nascere nuovi neuroni anche in età adulta.
• Cambiamenti strutturali: crescita di nuovi dendriti, aumento dei recettori sinaptici, variazioni nella mielinizzazione.
La combinazione di questi processi modella letteralmente il cervello secondo ciò che viviamo, impariamo, ricordiamo e proviamo.
Stress, traumi, stile di vita: la plasticità non è sempre positiva
La neuroplasticità non è solo un meccanismo “buono”.
In condizioni di stress cronico, per esempio, l’amigdala può aumentare la sua reattività, mentre la corteccia prefrontale può indebolire la propria capacità di regolare emozioni e decisioni.
(Fonte non verificata: McEwen & Morrison, Nature Reviews Neuroscience, 2013.)
Questo significa che il cervello può “imparare” schemi disfunzionali, consolidando ansia, comportamenti compulsivi o reazioni emotive eccessive.
Ma la buona notizia è che la plasticità è bidirezionale: ciò che è stato appreso può essere modificato.
La neuroplasticità nella riabilitazione e nelle terapie di neuromodulazione
La possibilità di riorganizzare i circuiti cerebrali è alla base di molte forme moderne di riabilitazione, incluse:
• riabilitazione post-ictus
• recupero cognitivo
• terapie integrate per disturbi dell’umore
• tecniche di neuromodulazione non invasiva
Tra queste tecniche rientra anche la Stimolazione Magnetica Transcranica Profonda (Deep TMS®), che agisce direttamente sulla neuroplasticità favorendo la riattivazione di circuiti “bloccati” in alcune patologie come la depressione resistente o il disturbo ossessivo-compulsivo.
Un cervello che cambia: cosa significa per ognuno di noi
Comprendere la neuroplasticità significa capire che il cervello non è un organo predeterminato: è un sistema dinamico, sensibile alle esperienze quotidiane.
Questo ha implicazioni profonde:
• l’apprendimento non ha età
• la riabilitazione non è mai “troppo tardi”
• le emozioni possono essere ricalibrate
• le abitudini possono essere sostituite
• il benessere mentale può migliorare attraverso percorsi strutturati
La capacità del cervello di cambiare non è una possibilità remota: è una realtà quotidiana supportata da decenni di ricerca.
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