31 dic 2024

9 min

La storia della Stimolazione Magnetica: dall’elettrofisiologia al casco H-Coil

31 dic 2024

9 min

La storia della Stimolazione Magnetica: dall’elettrofisiologia al casco H-Coil

Oggi parliamo di neuromodulazione come di una delle innovazioni più promettenti della medicina moderna. Ma la sua storia non nasce nei centri clinici e nemmeno nei laboratori di psichiatria: comincia nei primi esperimenti di elettrofisiologia del XIX secolo, quando gli scienziati cercavano di capire come i segnali elettrici attraversassero il sistema nervoso.
È un percorso fatto di intuizioni, fallimenti, scoperte e tecnologie via via più sofisticate — fino ad arrivare al concetto contemporaneo di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e, più recentemente, alla Deep TMS®, ottenuta attraverso la cooperazione fra fisica, ingegneria, neuroscienze e clinica.

Ripercorrere questa storia non significa solo guardare indietro: significa capire come siamo arrivati a tecniche non invasive capaci di modulare circuiti cerebrali profondi senza chirurgia, anestesia o ricovero.


Dall’impulso magnetico alla TMS: l’intuizione che ha cambiato tutto

L’idea che un campo magnetico potesse indurre corrente elettrica nei tessuti biologici risale agli esperimenti di Michael Faraday, nel 1831. A quei tempi nessuno immaginava applicazioni cliniche: era pura fisica sperimentale.
Eppure, proprio da quel principio — l’induzione elettromagnetica — nasce un secolo dopo l’intuizione che avrebbe dato origine alla TMS.

Bisogna arrivare agli anni ’80 perché un gruppo di ricercatori del Royal Hallamshire Hospital di Sheffield, guidati da Anthony Barker, realizzi il primo stimolatore TMS per uso umano.
(Barker et al., The Lancet, 1985.)

L’obiettivo iniziale era semplice: stimolare la corteccia motoria per studiare le vie nervose che comandano il movimento. Nessuno immaginava che quel prototipo avrebbe aperto la strada alla modulazione di circuiti complessi dell’umore, dell’ansia, del dolore e delle dipendenze.


Dalla ricerca di base alle prime applicazioni cliniche

Negli anni ’90 gli studi iniziano a concentrarsi non solo sulle risposte motorie, ma anche sugli effetti della stimolazione su:
• regolazione dell’umore
• memoria
• attenzione
• percezione del dolore

Alcune ricerche preliminari mostrano che stimolare ripetutamente aree frontali dorsolaterali può migliorare temporaneamente alcuni sintomi depressivi.
È il primo segnale che la TMS potrebbe avere un ruolo terapeutico.

Le prime applicazioni cliniche strutturate arrivano negli anni 2000, con trial controllati e protocolli di stimolazione ripetitiva (rTMS).
La tecnologia inizia a diffondersi, ma con un limite importante: la profondità raggiungibile.
La bobina tradizionale a “otto” consente una penetrazione magnetica di pochi centimetri; molte condizioni psichiatriche e neurologiche coinvolgono invece circuiti più profondi, distribuiti tra regioni corticali e sottocorticali.

È qui che la ricerca inizia a cercare soluzioni alternative.



L’arrivo della Deep TMS®: la rivoluzione dell’H-Coil

Nel primo decennio degli anni 2000 un gruppo di ricercatori guidati da Abraham Zangen, neuroscienziato israeliano, sviluppa un’idea radicale: creare una bobina tridimensionale capace di generare un campo magnetico più profondo, diffuso e multilobare.
Nasce così l’H-Coil, montata all’interno di un casco che si adatta alla testa del paziente.

Rispetto alla TMS tradizionale, l’H-Coil:
• raggiunge regioni più profonde del cervello
• coinvolge circuiti bilaterali
• non richiede neuronavigazione per il posizionamento
• offre protocolli clinici standardizzati

Alcune ricerche iniziali mostrano risposte promettenti nei pazienti con depressione resistente ai farmaci.
(Riferimento non verificato: Levkovitz et al., World Psychiatry, 2015.)

Negli anni successivi vengono condotti studi su altre condizioni, tra cui disturbo ossessivo-compulsivo e dipendenza da nicotina, portando all’approvazione della Deep TMS® da parte della FDA per specifiche applicazioni terapeutiche.


Una tecnologia moderna con radici profonde

Oggi, la Deep TMS® rappresenta una delle tecniche più avanzate di neuromodulazione non invasiva.
Ma la sua evoluzione è stata possibile grazie a un percorso storico molto lungo:
• la fisica dell’induzione magnetica (Faraday)
• l’elettrofisiologia del XIX secolo
• la neuroanatomia funzionale del Novecento
• la TMS di Barker negli anni ’80
• lo sviluppo dell’H-Coil nel XXI secolo

È il risultato di discipline diverse che convergono in un’unica domanda:
come possiamo modulare i circuiti cerebrali senza entrare nel cervello?

La storia della stimolazione magnetica è la storia di un’idea diventata tecnologia clinica.
E questo percorso non è affatto concluso: nuove generazioni di coil, mappature funzionali più precise e protocolli personalizzati potrebbero ampliare ulteriormente le possibilità terapeutiche.

Oggi parliamo di neuromodulazione come di una delle innovazioni più promettenti della medicina moderna. Ma la sua storia non nasce nei centri clinici e nemmeno nei laboratori di psichiatria: comincia nei primi esperimenti di elettrofisiologia del XIX secolo, quando gli scienziati cercavano di capire come i segnali elettrici attraversassero il sistema nervoso.
È un percorso fatto di intuizioni, fallimenti, scoperte e tecnologie via via più sofisticate — fino ad arrivare al concetto contemporaneo di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e, più recentemente, alla Deep TMS®, ottenuta attraverso la cooperazione fra fisica, ingegneria, neuroscienze e clinica.

Ripercorrere questa storia non significa solo guardare indietro: significa capire come siamo arrivati a tecniche non invasive capaci di modulare circuiti cerebrali profondi senza chirurgia, anestesia o ricovero.


Dall’impulso magnetico alla TMS: l’intuizione che ha cambiato tutto

L’idea che un campo magnetico potesse indurre corrente elettrica nei tessuti biologici risale agli esperimenti di Michael Faraday, nel 1831. A quei tempi nessuno immaginava applicazioni cliniche: era pura fisica sperimentale.
Eppure, proprio da quel principio — l’induzione elettromagnetica — nasce un secolo dopo l’intuizione che avrebbe dato origine alla TMS.

Bisogna arrivare agli anni ’80 perché un gruppo di ricercatori del Royal Hallamshire Hospital di Sheffield, guidati da Anthony Barker, realizzi il primo stimolatore TMS per uso umano.
(Barker et al., The Lancet, 1985.)

L’obiettivo iniziale era semplice: stimolare la corteccia motoria per studiare le vie nervose che comandano il movimento. Nessuno immaginava che quel prototipo avrebbe aperto la strada alla modulazione di circuiti complessi dell’umore, dell’ansia, del dolore e delle dipendenze.


Dalla ricerca di base alle prime applicazioni cliniche

Negli anni ’90 gli studi iniziano a concentrarsi non solo sulle risposte motorie, ma anche sugli effetti della stimolazione su:
• regolazione dell’umore
• memoria
• attenzione
• percezione del dolore

Alcune ricerche preliminari mostrano che stimolare ripetutamente aree frontali dorsolaterali può migliorare temporaneamente alcuni sintomi depressivi.
È il primo segnale che la TMS potrebbe avere un ruolo terapeutico.

Le prime applicazioni cliniche strutturate arrivano negli anni 2000, con trial controllati e protocolli di stimolazione ripetitiva (rTMS).
La tecnologia inizia a diffondersi, ma con un limite importante: la profondità raggiungibile.
La bobina tradizionale a “otto” consente una penetrazione magnetica di pochi centimetri; molte condizioni psichiatriche e neurologiche coinvolgono invece circuiti più profondi, distribuiti tra regioni corticali e sottocorticali.

È qui che la ricerca inizia a cercare soluzioni alternative.



L’arrivo della Deep TMS®: la rivoluzione dell’H-Coil

Nel primo decennio degli anni 2000 un gruppo di ricercatori guidati da Abraham Zangen, neuroscienziato israeliano, sviluppa un’idea radicale: creare una bobina tridimensionale capace di generare un campo magnetico più profondo, diffuso e multilobare.
Nasce così l’H-Coil, montata all’interno di un casco che si adatta alla testa del paziente.

Rispetto alla TMS tradizionale, l’H-Coil:
• raggiunge regioni più profonde del cervello
• coinvolge circuiti bilaterali
• non richiede neuronavigazione per il posizionamento
• offre protocolli clinici standardizzati

Alcune ricerche iniziali mostrano risposte promettenti nei pazienti con depressione resistente ai farmaci.
(Riferimento non verificato: Levkovitz et al., World Psychiatry, 2015.)

Negli anni successivi vengono condotti studi su altre condizioni, tra cui disturbo ossessivo-compulsivo e dipendenza da nicotina, portando all’approvazione della Deep TMS® da parte della FDA per specifiche applicazioni terapeutiche.


Una tecnologia moderna con radici profonde

Oggi, la Deep TMS® rappresenta una delle tecniche più avanzate di neuromodulazione non invasiva.
Ma la sua evoluzione è stata possibile grazie a un percorso storico molto lungo:
• la fisica dell’induzione magnetica (Faraday)
• l’elettrofisiologia del XIX secolo
• la neuroanatomia funzionale del Novecento
• la TMS di Barker negli anni ’80
• lo sviluppo dell’H-Coil nel XXI secolo

È il risultato di discipline diverse che convergono in un’unica domanda:
come possiamo modulare i circuiti cerebrali senza entrare nel cervello?

La storia della stimolazione magnetica è la storia di un’idea diventata tecnologia clinica.
E questo percorso non è affatto concluso: nuove generazioni di coil, mappature funzionali più precise e protocolli personalizzati potrebbero ampliare ulteriormente le possibilità terapeutiche.

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